La molestia in ambito lavorativo è definita dalla direttiva europea 80/1997 come una situazione nella quale ci sono dei comportamenti che hanno lo scopo o l’effetto di violare la dignità della persona e creare un clima di intimidazione, ostilità, degradazione, umiliazione e offesa. Come si può notare basta, l’effetto anche se lo scopo iniziale di chi attua il comportamento non era quello di effettuare una molestia.
Le molestie possono avere o meno carattere sessuale, nel primo caso’ il comportamento indesiderato ha una connotazione sessuale espressa in forma fisica o anche solo verbale.
Si parla, per le molestie sul lavoro di MOBBING, termine derivante dall’inglese “to mob” che significa accerchiare, aggredire. Per avere mobbing vi deve essere un comportamento ripetitivo, ostile nei confronti del collega o sottoposto che può arrivare a sviluppare anche problemi fisici o psicologici.
I comportamenti che possono denotare mobbing sono quelli che puntano ad attaccare la reputazione della vittima, azioni che tendono a manipolare la prestazione della persona per punirla, o ancora, pressioni psicologiche. Può essere orizzontale (tra colleghi dello stesso grado), verticale (verso i sottoposti) e dal basso ( ipotesi remota, comportamneto tendente a mettere in discussine l’autorità del superiore).
Il compito di prevenzione delle molestie sul luogo di lavoro è del datore di lavoro. Deve essere sottolineato che non ci sono colpe del lavoratore/lavoratrice che subisce molestie, il problema è di chi attua tali comportamenti.
Ritornando al datore di lavoro, in base all’articolo 2087 del codice civile, “l’imprenditore è tenuto ad adottare, nell’esercizio dell’impresa, le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”
Si può notare come già l’articolo preveda la tutela specifica della sfera psicologica, inoltre si applica a tutti i tipi di contratto di lavoro.
Il datore ha l’obbligo di impedire i comportamenti aggressivi e vessatori posti in essere da preposti e colleghi.
Anche se il concetto di mobbing è abbastanza recente e sconosciuto a molti, vi sono già delle sentenze di condanna, applicate anche nel caso di demansionamento oppure trasferimenti frequenti. Nel primo caso vi è violazione dell’articolo 2103 del codice civile che obbliga ad adibire il lavoratore alle mansioni per cui è stato assunto.
Particolare tutela è offerta anche dall’onere probatorio in quanto, in ambito giuslavoristico, vi è un ribaltamento dell’obbligo di fornire prove (solitamente ricade su chi afferma la lesione del diritto), spetta quindi al datore di lavoro dimostrare che le singole condotte indicate dalle vittime, non sono avvenute o non possono essere configurate come molestie.
Oltre alla tutela civilistica, è configurabile anche una tutela di tipo penale attraverso le norme in materia di sicurezza sul luogo di lavoro.
Nel caso in cui le molestie siano effettuate non dal datore di lavoro, il lavoratore prima di agire davanti al tribunale può rivolgersi al datore affinché vigili sulla condotta dei dipendenti. In caso contrario, la via più agile è un azione civile ricordandosi che il licenziamento indotto è considerato licenziamento senza giusta causa e quindi non valido.
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