La caparra, spesso, rappresenta un grosso problema, in quanto non sempre sono chiare le modalità attraverso le quali debba essere versata. In questa guida cerchiamo di capirne di più, comprendendo come e in quale percentuale debba essere corrisposta, in modo da mettersi al riparo da qualsiasi successiva problematica.
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Come funziona la caparra
Prima di addentrarci nelle modalità con le quali versare la caparra, è bene comprendere come funziona e di che cosa si tratta: la caparra altri non è che una sorta di “anticipo” ( anche se, a livello giuridico, il termine non è corretto) sull’acquisto di merci o sull’affitto di una casa, che permette dunque ad un cliente di bloccare e rimuovere dal mercato quel bene o servizio.
Al ricevimento di una caparra, infatti, chi deve vendere un bene o affittare una casa ha l’obbligo di non cercare altri clienti, avendo ricevuto un primo compenso su una parte del bene.
D’altro lato per il venditore costituisce una sorta di garanzia rispetto ad un eventuale inadempimento nel contratto o in caso di recesso anticipato dallo stesso, costituendo una sorta di tutela, di preventivo risarcimento, che, qualora il contratto si perfezioni regolarmente deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta.
I due tipi di caparra
Nel nostro diritto esistono due tipi di caparra: il primo, più comune, prende il nome di caparra confirmatoria; il secondo istituto, invece, viene denominato caparra penitenziale.
Nel caso della caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.) si attribuisce una somma di denaro (o altre cose fungibili) come elemento di conferma della creazione del relativo contratto, a conferma del vincolo assunto. Si noti come in questo caso come la nozione di “anticipo” debba essere espressamente dichiarato, rimarcando come quanto preliminarmente corrisposto, venga conferito “a titolo di caparra“.
Una tutela per il venditore che, in caso di inadempienza, può recedere dal contratto e trattenere la caparra, ma anche per chi l’ha corrisposta che, in caso di inadempienza di chi ha ricevuto l’anticipo, avrà diritto al doppio di quanto versato.
Anche se parliamo sempre di una facoltà di dominio dell’interessato che potrà, invece, insistere per il perfezionamento del contratto, e, in caso contrario, reclamare un ulteriore risarcimento per il danno subito.
Nel caso di caparra penitenziale (art. 1386 c.c.), invece, parliamo della somma, del corrispettivo preliminarmente pattuito, da entrambi i contraenti, in caso di recesso. In questo caso, quindi, chi recederà, dovrà corrispondere all’altra quanto convenuto, senza che quest’ultima abbia altro da reclamare.
Come si versa la caparra
Sottoscrivendo un contratto, spesso, risulta opportuno inserire la clausola della caparra, la quale in molti casi, soprattutto per piccole transazioni, risulta a discrezione dell’acquirente.
Come abbiamo visto la stessa può consistere in denaro o anche prodotti. In caso di affitto, ad esempio, consta sempre di una somma di denaro, di consuetudine pari a tre mesi d’affitto della casa, anche se comunque può essere differente e dunque a discrezione di chi deve affittare l’abitazione.
Qualora si parla di un anticipo monetario lo stesso può essere corrisposto in contanti o attraverso un assegno circolare o intestato.
Inutile sottolineare che, in questo caso, sarà premura di chi conferisce l’anticipo tutelarsi, chiedendo di contro un qualche documento, di una ricevuta che attesti il versamento effettuato.
Casi particolari di caparra
Rispetto a quanto indicato sopra, fanno eccezioni i casi in cui si parli di contratto a distanza e conclusi al di fuori dei locali commerciali e/o una delle due parti rappresenti un consumatore ( vedi art. 67 del D.Lgs n. 206/2005 Codice del consumo), poiché in presenza di queste tipologie di situazioni, quest’ultimo potrà avvalersi del diritto di recesso, senza che nulla sia dovuta al professionista tenuto, in caso di ricevimento di somme a titolo di caparra, alla restituzione anche di queste ultime.
Infine, importante sottolineare come da un punto di vista fiscale, l’attribuzione di una qualunque somma avente natura di caparra, configurandosi come una garanzia preliminare e non come un principio di pagamento, fa si che la stessa debba essere scorporata all’imposizione Iva. La stessa diverrà oggetto a fatturazione solo e soltanto a conclusione positiva del contratto, quando assumerà, a tutti i sensi, natura du pagamento.
Da ciò si desume come l’utilizzo, in vece del termine caparra, di altre denominazioni come “anticipo” o simili può determinare anche un cambiamento nella natura stessa del contratto.