Se una volta si narrava che la terra era rigogliosa e i fiumi ed i corsi d’acqua abbondavano, ora, in alcune zone del nostro pianeta, a distanza di migliaia di anni si sono sviluppati sempre più i deserti. Questo effetto di diradamento estremo del terreno è dovuto all’estrema siccità: le precipitazioni sono ben al di sotto dei 1 decimetro annuo. Elevatissima è l’evaporazione che ti disidrata in poco tempo e fortissimo è pure il riscaldamento eccessivo diurno con il repentino crollo della temperatura nelle ore notturne. Questo provoca escursioni termiche che mettono alla prova la maggior parte degli organismi viventi di questo pianeta. Solo alcuni sono riusciti ad adattarsi a questo clima decisamente impegnativo. Le piante del deserto sono generalmente in grado di conservare e sfruttare al massimo la poca acqua a loro disposizione, molte angiosperme dei deserti, per esempio, vivono soltanto per pochi giorni: capita che i loro semi giacciono nella sabbia anche per anni, fino a che un acquazzone gli dona la possibilità di germogliare. Una pianta che si è meglio adattata a questa terra sabbiosa è, invece, il noto Cereus giganteus, volgarmente chiamato cactus del deserto. Il suo aspetto molto comune, nei cartoni e nei documentari, con fusto colonnare e completamente ricorperto di spine, presenta un corpo molto scarno di ramificazione e spesso possiede solo pochi bracci laterali. Essendo una pianta grassa, riesce a conservare l’acqua al suo interno (nei fusti carnosi) e proprio su questi nascono, di notte, bellissimi fiori ricchi di stami e nettare attirando così insetti e uccelli affamati e disidratati. Questo cibarsi, con il tempo, produce un notevole servizio vitale anche al cactus: il nettare portato da questi uccelli o insetti, i quali volando di fiore in fiore, viene sparpagliato e inevitabilmente si favorisce la normale riproduzione delle piante di cui si sono cibati. Le poche speci di piante legnose, esistenti in questo clima estremo, posseggono forti e lunghe radici, le quali permettono il raggiungimento dell’acqua in profondità talvolta anche elevate. Un cosa che caratterizza quest’ultime piante sono le foglie,le quali sono piccolissime limitano la traspirazione e non disperdere troppi liquidi vitali. Altre, addirittura, durante la stagione arida, perdono completamente le foglie, ma nonostante questo sono riuscite ad evolversi a tal punto da riuscire a realizzare la fotosintesi clorofilliana attraverso i fusti. Ce ne sono poi altre capaci di chiudere i loro pori di giorno, in modo da impedire l’evaporazione dei liquidi, riuscendo così a limitare la traspirazione dell’anidride carbonica solo nelle ore notturne dove l’aria è più vivibile.
Questa breve occhiata sulla flora del deserto ci mostra quanto sia ricco di sorprese il pianeta in cui viviamo, per cui dobbiamo fare in modo di preservarlo il più possibile. Questo perchè se anche un cactus , come molte altre piante, riescono a resistere alla siccità non è detto che resisteranno altrettanto bene, all’inquinamento indiscriminato dell’uomo.
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