Anche quando si parla di riscaldamento, spesso, vale il vecchio adagio: “Chi fa da sé, fa per tre!”. Naturale, quindi, che molti Italiani che vivono in condominio, si domandino come staccarsi dal riscaldamento condominiale.
D’altronde si tratta di una libertà non da poco Anche quello di poter gestire il riscaldamento di casa a piacere rappresenta un non trascurabile privilegio e ora, con la riforma condominiale, non più impossibile, considerando come non sia più neppure necessario disporre dell’autorizzazione dell’assemblea.
Attenzione, però, alle possibili limitazioni previste da regolamento condominiale, da quello comunale e da alcune norme regionali.
Vediamo di cosa si tratta.
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Come staccarsi dal riscaldamento condominiale
Inutile sottolineare come la scelta delle modalità di riscaldamento rappresenti uno degli interrogativi più sostanziali al momento di entrare in una nuova abitazione. Chi non si è domandato, infatti, almeno una volta nella vita, se convenga optare per l’impianto autonomo o per quello centralizzato?
Ormai le nuove costruzioni prediligono impianti di riscaldamento autonomo che, oltre a promettere di contenere i costi, garantiscono totale autonomia in termini di orari di accensione, spegnimento e temperatura e la possibilità di evitare le immancabili incomprensioni con i propri vicini. Senza trascurare la migliore efficienza, di norma, di impianti solitamente più recenti e meno inquinanti. Oltre alla evidente possibilità, da parte del proprietario, di spegnere gli elementi quando non necessari. Tanta roba, insomma.
Sino a qualche tempo fa, però, tale libertà, vivendo in un condominio non era permessa, ma ora…
Come rinunciare al riscaldamento condominiale
Come dicevamo con la riforma del condominio datata 18 Giugno 2013, si sancisce la possibilità per un inquilino di poter disporre di un riscaldamento autonomo, senza dover necessitare dall’avallo condominiale, nonostante, comunque, l’assemblea debba esserne messa al corrente.
Chi se ne va, però, ha l’obbligo di compartecipare ugualmente ai costi per la conservazione, la manutenzione straordinaria e la prescritta messa a norma della caldaia comune, di cui resta infatti comproprietario, potendo tornare ad utilizzarla in qualsiasi momento.
È pur vero, però, che permangono alcuni limiti al diritto di distacco, possibilità consentita solo qualora non esistano particolari aggravi di spese o evidenti squilibri di funzionamento per gli altri condomini.
Chi vuole passare all’autonomo, infatti, dovrebbe preliminarmente accertarsi che la sua decisione non determini le conseguenze che ne vietano la realizzazione, assolvendo, ad esempio, a tale onere probatorio affidandosi ad un professionista abilitato che produca una specifica perizia attestante il possibile incremento di spesa per i vicini ( indicando i consumi effettivi e quelli ipotetici dopo il distacco) ed escludendo qualsiasi pregiudizio ai danni di impianto e condomini.
Evaso questo obbligo, l’Assemblea non potrà vietare la possibilità al richiedente.
Da sottolineare, inoltre, come il distacco non può esulare da quanto previsto in materia di risparmio energetico. Questo, infatti, che dispone che in presenza di edifici con più di quattro unità abitative e dove siano presenti potenze nominali del generatore di calore del sistema centralizzato uguali o superiori a 100 kw, sia consigliabile preferibile mantenere impianti centralizzati, qualora siano già attivi. Senza tener conto che il distaccante è espressamente tenuto all’ adozione di sistemi di contabilizzazione calore e, in caso di nuovi impianti, di disporre di una canna fumaria che termini sopra il tetto del condominio.
Infine esistono ulteriori possibilità di limitazione:
- il distacco è espressamente escluso dal regolamento condominiale
- Il regolamento edilizio urbano vieti espressamente tale possibilità ai cittadini. Molti centri nostrani, infatti, adottano politiche di incentivazione degli impianti comuni, preferibili in termini di inquinamento. Se abitate in uno di questi, quanto stabilito dalla nuova riforma condominiale non vale nulla.
- Esistono anche norme regionali che impediscono il distacco o lo rendono più complesso.
Riscaldamento condominiale: come tenerlo a norma?
Ovviamente l’impianto, indipendentemente dal fatto che sia autonomo o condominiale, deve essere manutenuto costantemente: al proprietario di un generico immobile dotato di impianto di riscaldamento autonomo, spetta l’onere annuale di far effettuare un controllo da personale specializzato.
Il controllo dei fumi e del corretto funzionamento della canna fumaria, invece, potrà essere eseguito ogni due anni. Ogni impianto di riscaldamento sarà dotato di un libretto specifico, che costituisce una sorta di registro, all’interno del quale dovranno essere annotate tutte le visite fatte dai tecnici durante i vari controlli e tutte le modifiche e le riparazioni eseguite.
In tutti gli edifici per civile abitazione, il cuore dell’impianto di riscaldamento è il locale caldaia, collocato in uno spazio apposito, ossia opportunamente messo in sicurezza, all’interno dello stabile. Questo ambiente, a seconda delle dimensioni e della potenza della caldaia, dovrà rispettare dei requisiti in termini strutturali e di resistenza al fuoco e – se necessario (dipende dai casi) – affinché l’intero impianto possa essere messo in funzione, dovrà essere dotato di un CPI, certificato di prevenzione incendi.