Il Samsung Galaxy Gear è il primo device sul mercato definito “smartwatch” prodotto dal colosso sud-coreano Samsung.
Un vero e proprio orologio, connesso allo smartphone (per ora è disponibile soltanto l’associazione con il Samsung Galaxy Note III) che consente di rispondere alle chiamate in arrivo mantenendo comodamente in tasca il telefono.
Il Galaxy Gear non è soltanto un prolungamento dei normali smartphone ma, è un vero e proprio dispositivo autonomo, che può funzionare in modo separato scattando fotografie o eseguendo alcune app.
Vediamo insieme il funzionamento e l’utilizzo di un gadget che, senza dubbio, ci proietta in quel futuro anticipato da numerosi film a tema 007.
Il Galaxy Gear ha una scocca in alluminio da orologio che in realtà contiene al suo interno un processore Exynos da ben 800 MHz, un display da 1,63 pollici con risoluzione di 320×320 pixel.
Un design moderno e pulito, disponibile con cinturini in diverse colorazioni, per un utilizzo in tutta semplicità.
Sul cinturino c’è una fotocamera da 1,9 Mega-pixel abilitata anche a girare brevi filmati.
Il tutto supportato da una RAM da 512 MB e da uno storage di 4 GB.
Connettività Bluetooth 4.0 denominato Low Energy, un microfono ed uno speacker audio che permetterà all’utente di telefonare o rispondere direttamente dall’orologio, evitando di estrarre lo smartphone dalla tasca.
Le dotazioni software ed app sono ancora abbastanza limitate: è installata un’applicazione meteo, sempre presente in background sul display e, ovviamente, l’app per connettere il Gear allo smartphone Gear Manager. Inoltre visualizza sul display l’arrivo di sms, oltre chiaramente a mostrare l’ora!
Abbiamo già accennato come il Gear possa per il momento associarsi al solo Galaxy Note III ma, in futuro, la Samsung ha promesso un collegamento anche per altri device quali il Galaxy S4, l’S3 e ad alcuni modelli di tablet.
L’unico lato negativo del Galaxy Gear riscontrato dagli utenti, sembra essere la durata della batteria. Con i suoi 315 mAh si parla sole 25 ore di autonomia a fronte di un uso non intensivo. Sembra che la costante connessione con lo smartphone “madre” richieda un dispendio di energia tale da necessitare di una ricarica dello smartwatch tutti i giorni.