L’ingiuria, nell’ordinamento giuridico italiano, è un illecito civile ( un tempo reato penaledescritto diffusamente nell’articolo 594 del Codice penale) e posto a tutela dell’onore e del decoro di una persona.
Per onore si intende l’insieme delle qualità morali che determinano il valore di un individuo; per decoro si intende, invece, il rispetto di cui ciascuna persona è degna. Molto spesso, data la natura effimera di questi concetti, è proprio un Giudice a stabilire qual è il confine tra un’ingiuria e un’altro tipo di offesa che ingiuria non è.
Vediamo allora di comprendere quale ne sia il significato da un punto di vista legale, quali le eventuali pene a carico di chi se ne macchia e, soprattutto, come difendersi.
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Quando si parla, per la legge, di ingiuria e quale la differenza con la diffamazione
Ci sono, però, alcuni criteri oggettivi. Perché si possa parlare di ingiuria, ad esempio, è necessario che la persona verso cui sono indirizzate le offese sia presente al momento in cui si commette il reato, altrimenti si configura una fattispecie diversa di reato, e cioè quello della diffamazione, che tutela invece la reputazione del soggetto.
La Giurisprudenza ha poi chiarito che si può parlare di ingiuria, anche nel caso specifico in cui le offese vengano pronunciate in assenza fisica della persona cui sono indirizzate, ma in presenza di un intermediario (un amico, un parente) che con certezza le riferirà alla persona cui sono riferite.
Il soggetto attivo, cioè colui che commette il reato di ingiuria, può essere chiunque. Il soggetto passivo, cioè la vittima del reato, può essere una persona fisica, ma anche una Persona giuridica, ad esempio un’associazione o una comunità religiosa.
Il reato di ingiuria può essere commesso con qualsiasi mezzo e quindi anche in forma scritta, per lettera, per telefono, per fax e quindi, ai nostri giorni, anche attraverso mail, sms o con l’utilizzo dei social network. Il primo caso in Italia di ingiuria attraverso i social ha riguardato il vice presidente del Senato, Maurizio Gasparri, citato a giudizio per un’ingiuria veicolata attraverso un messaggio privato su Twitter.
Differenze fra ingiuria e diffamazione
Che cos’è l’ingiuria ( e cosa era)?
L’ingiuria rappresentava, fino a qualche anno fa, un illecito penalmente sanzionabile in Italia, definito specificatamente dall’articolo 594 del Codice Penale, oggi non più in vigore. Questo articolo stabiliva che chiunque offendesse l’onore o il decoro di un individuo, in sua presenza, sarebbe stato soggetto a sanzioni che potevano variare dalla reclusione fino a sei mesi o a una multa massima di 516 euro. Se l’offesa veniva perpetrata attraverso mezzi di comunicazione a distanza, come la telegrafia o il telefono, o mediante l’invio di scritti o disegni diretti alla persona offesa, la pena rimaneva invariata.
La normativa prevedeva un inasprimento delle sanzioni nel caso in cui l’offesa fosse stata commessa attribuendo alla vittima un fatto preciso, con pene che potevano arrivare fino a un anno di reclusione o a multe di 1.032 euro. Inoltre, se l’offesa si verificava alla presenza di più persone, le pene erano ulteriormente aumentate.
Nonostante l’abrogazione di questo articolo, l’azione di offendere l’onore o il decoro di qualcuno non è stata depenalizzata in toto. La rimozione della sanzione penale, infatti, non ha eliminato la natura illecita di tali comportamenti, che ora ricadono sotto la giurisdizione civile.
In questo ambito, le conseguenze per chi commette un’ingiuria possono includere un risarcimento danni alla vittima, il cui ammontare è determinato dal giudice in base al danno effettivamente subito. In assenza di elementi concreti per una valutazione precisa, il risarcimento viene liquidato equitativamente, basandosi su ciò che il Magistrato considera giusto.
In aggiunta al risarcimento danni, può essere imposta una sanzione pecuniaria a favore dello Stato, variabile da 100 a 8.000 euro, a seguito di una sentenza civile di condanna. Questa transizione dalla sfera penale a quella civile sottolinea un cambiamento nell’approccio giuridico alle offese personali, orientandosi verso una risoluzione che privilegia il risarcimento del danno rispetto alla punizione del reo.
Pene e modalità di difesa
L’eliminazione dell’articolo 594 del Codice Penale, come abbiamo visto, ha portato l’ingiuria a essere inclusa tra le violazioni civili sanzionabili pecuniariamente, come stabilito dal decreto legislativo del 15 gennaio 2016, n. 7. Tale normativa prevede che possa essere imposta una sanzione economica variabile da 100 a 8.000 euro a chi lede l’onore o il decoro di un individuo, sia in sua presenza sia attraverso mezzi di comunicazione come email, telefonate, messaggi o mediante l’uso di scritti e immagini dirette all’interessato.
Questa estensione della definizione potrebbe generare confusione, ma è fondamentale comprendere che l’ingiuria si verifica quando l’offesa all’onore o al decoro avviene direttamente nei confronti della persona interessata. Se, al contrario, l’offesa viene diffusa in assenza della vittima, ma alla presenza di altri, si configura il reato di diffamazione, secondo l’articolo 595 del Codice Penale.
Per chi intende richiedere un risarcimento danni derivante da un’ingiuria, è cruciale disporre di prove concrete dell’offesa. È consigliabile rivolgersi a un legale per intraprendere un’azione legale, anticipando le spese legali, a meno che non si acceda al gratuito patrocinio. In alternativa, per danni minori, si può optare per il Giudice di Pace anche senza rappresentanza legale, anche se questa opzione è sconsigliata data la complessità della materia.
Il procedimento giudiziario segue le norme del codice di procedura civile e include varie fasi: un’udienza preliminare, la discussione del caso, la presentazione di documentazione a supporto, l’audizione di testimoni, la consegna delle note conclusive e, infine, la sentenza.
Per cause il cui valore non superi i 50.000 euro, è obbligatorio tentare una negoziazione assistita prima di procedere in giudizio. L’avvocato dovrà inviare una comunicazione formale all’altra parte per cercare un accordo, lasciando un termine di 30 giorni per la risposta.
È importante ricordare che l’ingiuria, come ogni reato derivante da un atto illecito, ha un termine di prescrizione di cinque anni. Entro questo periodo, la vittima ha il diritto di agire legalmente, anche in prossimità della scadenza del termine, anche se in precedenza non ha intrapreso azioni legali come l’invio di una diffida.