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Cosa si intende per ingiuria e come difendersi

Scopri cosa si intende per ingiuria e impara come difendersi! 🛡️ Naviga attraverso le sottili sfumature legali di questo reato e scopri le migliori strategie per proteggerti. Conoscere i tuoi diritti è essenziale per affrontare situazioni di conflitto. Esplora le opzioni disponibili e sfrutta le risorse legali a tua disposizione per difendere la tua reputazione e i tuoi interessi.

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22/02/2024
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ingiuria significato
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L’ingiuria, nell’ordinamento giuridico italiano, è un illecito civile ( un tempo  reato penaledescritto diffusamente nell’articolo 594 del Codice penale) e posto a tutela dell’onore e del decoro di una persona.

Per onore si intende l’insieme delle qualità morali che determinano il valore di un individuo; per decoro si intende, invece, il rispetto di cui ciascuna persona è degna. Molto spesso, inutile sottolinearlo, data la natura effimera di questi concetti, è proprio un Giudice a stabilire qual è il confine tra un’ingiuria e un’altro tipo di offesa che ingiuria non è.

Vediamo allora di comprendere quale ne sia il significato da un punto di vista legale, quali le eventuali pene a carico di chi se ne macchia e, soprattutto, come difendersi.

Indice Guida Gratis:

    • Quando si parla, per la legge, di ingiuria e quale la differenza con la diffamazione
      • Differenze fra ingiuria e diffamazione
  • Che cos’è l’ingiuria ( e cosa era)?
  • Pene e modalità di difesa
      • Come si dimostra l’ingiuria

Quando si parla, per la legge, di ingiuria e quale la differenza con la diffamazione

Ci sono, però, alcuni criteri oggettivi. Perché si possa parlare di ingiuria, ad esempio, è necessario che la persona verso cui sono indirizzate le offese sia presente al momento in cui si commette il reato, altrimenti si configura una fattispecie diversa di reato, e cioè quello della diffamazione, che tutela invece la reputazione del soggetto.

La Giurisprudenza ha poi chiarito che si può parlare di ingiuria, anche nel caso specifico in cui le offese vengano pronunciate in assenza fisica della persona cui sono indirizzate, ma in presenza di un intermediario (un amico, un parente) che con certezza le riferirà alla persona cui sono riferite.
Il soggetto attivo, cioè colui che commette il reato di ingiuria, può essere chiunque. Il soggetto passivo, cioè la vittima del reato, può essere una persona fisica, ma anche una Persona giuridica, ad esempio un’associazione o una comunità religiosa.

Il reato di ingiuria può essere commesso con qualsiasi mezzo e quindi anche in forma scritta, per lettera, per telefono, per fax e quindi, ai nostri giorni, anche attraverso mail, sms o con l’utilizzo dei social network. Il primo caso in Italia di ingiuria attraverso i social ha riguardato il vice presidente del Senato, Maurizio Gasparri, citato a giudizio per un’ingiuria veicolata attraverso un messaggio privato su Twitter.

differenze fra ingiuria e diffamazione

Differenze fra ingiuria e diffamazione

Una recente decisione della Corte di Cassazione (sentenza n. 34484/2018) ha fornito chiarimenti significativi riguardo le distinzioni e le implicazioni legali dell’ingiuria e della diffamazione, soprattutto nell’era digitale.
Partiamo dai principi base: la diffamazione è considerata un reato, a differenza dell’ingiuria che non lo è più a seguito della depenalizzazione introdotta dal Decreto legislativo 7/2016 (vai qui per  leggerne il contenuto). La principale differenza tra i due termini risiede nel contesto della loro espressione: la diffamazione avviene quando l’offesa è resa nota in assenza della persona interessata e davanti a un pubblico di almeno due persone. L’ingiuria, d’altra parte, è un’offesa diretta alla persona in questione, anche se può essere pronunciata in presenza di altri.
Entrambi i comportamenti offensivi possono manifestarsi attraverso parole o scritti, inclusi i mezzi di comunicazione digitale come SMS, WhatsApp o email.

Per quanto riguarda la diffamazione, chi si ritiene offeso può presentare una denuncia presso le autorità di polizia o direttamente alla Procura, avvalendosi eventualmente dell’assistenza legale per la redazione e il deposito della querela. Dopo la querela, la Procura valuta se procedere con l’azione penale o chiedere l’archiviazione del caso. Nel processo penale, l’offeso ha anche la possibilità di richiedere un risarcimento per il danno subìto.
Invece, per l’ingiuria, la tutela è esclusivamente civile, con la necessità di avviare una causa tramite un atto di citazione e sostenere in anticipo i costi del procedimento. La dimostrazione del fatto offensivo è complessa, soprattutto in assenza di prove digitali o testimonianze dirette. Se tuttavia le prove vengono considerate sufficienti, il giudice può condannare l’autore dell’offesa al risarcimento del danno e a una sanzione pecuniaria.

Con la riforma del 2016, inviare messaggi offensivi attraverso SMS, WhatsApp o email è diventato meno rischioso sul piano penale, purché il messaggio sia diretto esclusivamente al destinatario senza altri in copia. Tuttavia, la situazione cambia se il messaggio viene inviato a più destinatari o all’interno di un gruppo WhatsApp, configurandosi come diffamazione.
La Corte di Cassazione ha sottolineato che l’invio di email diffamatorie a più destinatari tramite internet costituisce una forma di diffamazione aggravata. La presenza dell’offeso tra i destinatari non trasforma l’atto in ingiuria. La trasmissione digitale, pur essendo un’azione unica, si concretizza in una serie di atti distinti, rendendo l’autore consapevole della diffusione dell’offesa, configurando così un caso di diffamazione.

Che cos’è l’ingiuria ( e cosa era)?

L’ingiuria rappresentava, fino a qualche anno fa, un illecito penalmente sanzionabile in Italia, definito specificatamente dall’articolo 594 del Codice Penale, oggi non più in vigore. Questo articolo stabiliva che chiunque offendesse l’onore o il decoro di un individuo, in sua presenza, sarebbe stato soggetto a sanzioni che potevano variare dalla reclusione fino a sei mesi o a una multa massima di 516 euro. Se l’offesa veniva perpetrata attraverso mezzi di comunicazione a distanza, come la telegrafia o il telefono, o mediante l’invio di scritti o disegni diretti alla persona offesa, la pena rimaneva invariata.

La normativa prevedeva un inasprimento delle sanzioni nel caso in cui l’offesa fosse stata commessa attribuendo alla vittima un fatto preciso, con pene che potevano arrivare fino a un anno di reclusione o a multe di 1.032 euro. Inoltre, se l’offesa si verificava alla presenza di più persone, le pene erano ulteriormente aumentate.

Nonostante l’abrogazione di questo articolo, l’azione di offendere l’onore o il decoro di qualcuno non è stata depenalizzata in toto. La rimozione della sanzione penale, infatti, non ha eliminato la natura illecita di tali comportamenti, che ora ricadono sotto la giurisdizione civile.
In questo ambito, le conseguenze per chi commette un’ingiuria possono includere un risarcimento danni alla vittima, il cui ammontare è determinato dal giudice in base al danno effettivamente subito. In assenza di elementi concreti per una valutazione precisa, il risarcimento viene liquidato equitativamente, basandosi su ciò che il Magistrato considera giusto.

In aggiunta al risarcimento danni, può essere imposta una sanzione pecuniaria a favore dello Stato, variabile da 100 a 8.000 euro, a seguito di una sentenza civile di condanna. Questa transizione dalla sfera penale a quella civile sottolinea un cambiamento nell’approccio giuridico alle offese personali, orientandosi verso una risoluzione che privilegia il risarcimento del danno rispetto alla punizione del reo.

in giuria articoli

Pene e modalità di difesa

L’eliminazione dell’articolo 594 del Codice Penale, come abbiamo visto, ha portato l’ingiuria a essere inclusa tra le violazioni civili sanzionabili pecuniariamente, come stabilito dal decreto legislativo del 15 gennaio 2016, n. 7. Tale normativa prevede che possa essere imposta una sanzione economica variabile da 100 a 8.000 euro a chi lede l’onore o il decoro di un individuo, sia in sua presenza sia attraverso mezzi di comunicazione come email, telefonate, messaggi o mediante l’uso di scritti e immagini dirette all’interessato.

Questa estensione della definizione potrebbe generare confusione, ma è fondamentale comprendere che l’ingiuria si verifica quando l’offesa all’onore o al decoro avviene direttamente nei confronti della persona interessata. Se, al contrario, l’offesa viene diffusa in assenza della vittima, ma alla presenza di altri, si configura il reato di diffamazione, secondo l’articolo 595 del Codice Penale.

Per chi intende richiedere un risarcimento danni derivante da un’ingiuria, è cruciale disporre di prove concrete dell’offesa. È consigliabile rivolgersi a un legale per intraprendere un’azione legale, anticipando le spese legali, a meno che non si acceda al gratuito patrocinio. In alternativa, per danni minori, si può optare per il Giudice di Pace anche senza rappresentanza legale, anche se questa opzione è sconsigliata data la complessità della materia.
Il procedimento giudiziario segue le norme del codice di procedura civile e include varie fasi: un’udienza preliminare, la discussione del caso, la presentazione di documentazione a supporto, l’audizione di testimoni, la consegna delle note conclusive e, infine, la sentenza.

Per cause il cui valore non superi i 50.000 euro, è obbligatorio tentare una negoziazione assistita prima di procedere in giudizio. L’avvocato dovrà inviare una comunicazione formale all’altra parte per cercare un accordo, lasciando un termine di 30 giorni per la risposta.
È importante ricordare che l’ingiuria, come ogni reato derivante da un atto illecito, ha un termine di prescrizione di cinque anni. Entro questo periodo, la vittima ha il diritto di agire legalmente, anche in prossimità della scadenza del termine, anche se in precedenza non ha intrapreso azioni legali come l’invio di una diffida.

Come si dimostra l’ingiuria

La depenalizzazione dell’ingiuria ha introdotto nuove sfide nell’ambito della prova giudiziaria, rendendo spesso complicato dimostrare l’accaduto in sede civile. Diversamente dai processi penali, dove le dichiarazioni della vittima possono avere un peso decisivo, nel civile si richiede il contributo di testimoni esterni, che non sempre sono disponibili o interessati a partecipare.

Per attestare l’esistenza di un’ingiuria, uno dei metodi tradizionali consiste nell’usare dispositivi di registrazione, una pratica facilitata oggi dall’uso di applicazioni per smartphone. La Giurisprudenza ha chiarito che registrare conversazioni senza il consenso dell’altro interlocutore non è illegale, presupponendo che chi parla in presenza di altri accetta implicitamente il rischio di essere registrato. Tuttavia, l’impiego di tali dispositivi o applicazioni per documentare un’ingiuria richiede una certa premeditazione, ovvero l’attivazione del registratore o dell’app prima dell’incontro con il soggetto che si presume possa compiere l’ingiuria. Al di fuori di questa precauzione, provare l’ingiuria diventa notevolmente arduo, poiché le testimonianze indirette, basate su quanto riferito dalla vittima, non sono considerate valide in giudizio.

Per quanto riguarda le ingiurie commesse tramite reti sociali come Facebook o altri ambienti online, le prove possono includere sia le testimonianze di utenti che affermano di aver letto contenuti offensivi, sia certificazioni notarili di schermate delle pagine interessate. Tuttavia, è importante notare che gli screenshot, pur essendo di facile acquisizione, tendono a non essere ritenuti prove affidabili nei processi civili a causa della loro potenziale manipolabilità, a meno che non siano espressamente riconosciuti come validi dalla parte avversa.

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