Il divorzio breve è legge. 398 si, 28 no e 6 astenuti. La norma subisce così una modifica importante dopo 40 anni, decretando la fine del vecchio e travagliato iter di 3 anni che metteva fine al rapporto matrimoniale. Potrebbero bastare solo 6 mesi.
Vediamo nel dettaglio le riforme:
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Divorzio breve: cosa cambia
Per avviare l’iter è indispensabile che il Giudice abbia già definito lo stato di separazione.
I tempi di intercorrenza fra separazione e divorzio saranno notevolmente ridotti.
Se la separazione è consensuale possono bastare sei mesi con l’ausilo di un avvocato, per la cosidetta “negoziazione assistita“. Il Giudice così non dovrà più constatare l’irreversibilità della crisi coniugale.
L’intervento del Giudice rimarrà indispensabile per i casi in cui i coniugi abbiano ancora figli minori a carico, maggiorenni non ancora autosufficienti a livello economico, o portatori di handicap.
La durata del processo si potrebbe allungare ad un massimo di dodici mesi in caso di “separazione giudiziale“, ovvero quando il divorzio è richiesto da un solo coniuge.
Inoltre esiste un alternativa alla classica modalità di divorzio. I coniugi che non hanno figli a carico e che non hanno sottoscritto alcun patto riguardo al patrimonio, potranno percorrere la via che li porta direttamente davanti all’Ufficiale di stato civile che formalizzerà l’accordo senza l’ausilio degli avvocati.
Per quanto riguarda lo scioglimento della comunione dei beni, come recita l’articolo, avviene
“Nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati“.
E’ doveroso sottolineare un paio di aspetti che si presentano, a seconda dei casi, a divorzio avvenuto.
Al coniuge malato, e quindi impossibilitato al lavoro, spetta di diritto l’assegno divorzile, anche nel caso in cui sia presente una netta disparità di redditi tra i due ex coniugi.
In casi di sensibile mutamento patrimoniale, l’assegno divorzile che il coniuge versa all’ex partner può essere adeguato. Se il reddito aggiornato acquisito altera l’equlibrio stabilito dal Giudice questa soluzione diventa possibile.
In caso di morte dell’ex coniuge il divorziato può aver diritto ad un assegno di eredità, che va quantificato in base a diversi fattori, quali entità del bisogno, pensione di reversibilità (stabilita precedentemente), sostanze e materiale di eredità, numero e qualità di vita degli eredi, e consistenza assegno di divorzio. Al coniuge divorziato, beneficiario dell’assegno di divorzio, e che non si è risposato, spetta una quota del Tfr.
Una novità importante è stata introdotta anche sul tema cognome:
I genitori d’ora in poi potranno decidere quale cognome assegnare ai propri figli, se quello della madre o del padre o, addirittura, quello di entrambi.
Se i genitori non arrivano ad un consenziente accordo, il figlio avrà il cognome di entrambi in ordine alfabetico.
Il provvedimento è valevole anche per i casi in cui il figlio sia stato concepito fuori matrimonio. Basta il riconoscimento dei due genitori. Se il riconoscimento avverrà in maniera tardiva l’aggiunta di un eventuale cognome avverrà tramite il consenso dei due genitori più quello del figlio, almeno quattordicenne.
Per i figli adottati si terrà il cognome originario, ai quali verrà aggiunto uno dei cognomi dei nuovi genitori, previa accordo tra i due.
Chi possiede due cognomi può trasmettere al proprio figlio solo uno dei due cognomi, a sua scelta.
Un maggiorenne che vuole aggiungere il cognome del padre o della madre a quello che già possiede, non dovrà far altro che recarsi dall’Ufficiale di stato civile che certificherà la richiesta.